Lettera
numero 20...
Poco meno di due ore mi separano da una pedicure
con annesso splendido massaggio ai piedi in uno dei tre centri benessere della
cittadina di Arbroath. Lo studio in questione, dotato di ampia vetrata sulla
centralissima Kirk Square, è collegato a un parrucchiere associato dal quale
sono stato già tre volte con grandissima soddisfazione.
Non avevo mai provato un massaggio ai piedi con
olii essenziali e altre sostanze sconosciute tremendamente tonificanti e
piacevoli, ma fidandomi dell’edicolante del porticciolo, il mese scorso ho
deciso di provarlo almeno una volta. E oggi ci torno con grande gioia, anche se
questa voglia risparmierò il taglio di capelli. Non avrai il mio scalpo, abile
parrucchiere.
Sarah è l’estetista che in giugno mi ha a dir poco
coccolato ed è stata così abile da farmi abbandonare a un relax quasi ipnotico.
Il mio nuovo appuntamento è ancora con lei, che pur non essendo molto attraente,
ha uno splendido odore. Uno di quei sentori femminili che catalogo come “fruttati
non aciduli”. Ricordo perfettamente l’odore di ogni donna che ho conosciuto e
con la quale ho avuto frequentazioni anche solo da bar.
Tuttavia, l’elegante insegna lignea di color
bianco e nera che riporta l’esotico e buffo nome del centro estetico non fa
sufficiente ombra in questa caldissima giornata estiva scozzese, per cui
trovandomi già in loco decido di entrare a godermi una frescura armato di mp3 e
un’amplissima selezione musicale.
La mia mente si sta già abbandonando allo stato di
subconscio indotto e quelli che seguono sono i pensieri che volano liberi in
quel piccolo contenitore camuffato da centro operativo chiamato scatola
cranica.
Non
riesco a sentirmi appagato da me stesso. Fingo di essere felice ma non credo la
cosa possa durare in eterno. Che bel profumo questa ragazza.
Quanto
era bello uscire da casa dopo aver fatto l’amore con la mia valchiria e averne
ancora l’odore sulle dita. Chissà chi abita in quella casa adesso. Quante
litigate, i suoi genitori schiavisti e gli amici mai pronti a capirti soffocati
dall’affetto che provavano per te.
Non
potrei pretendere molto in fondo. Sono un orfano della peggior specie, mi
diceva il maestro: non riesco a dimenticarlo.
Suor
Anna mi amava e per me era una madre. Non sarebbe fiera di me e non crederebbe
adesso al guardiano del faro. Anche lei vola adesso.
L’illusione
di essere normale, le caldi estate dei primi anni ‘90 al lavoro, adolescenza
stoppata bruscamente. I tradimenti dei propri principi da templare.
Il
camion tagliò il filo che legava i miei genitori adottivi alla vita. Un ubriaco
croato. Una telefonata e tanto smarrimento. Odore di spogliatoio e il silenzio
interrotto dalla caldaia del ristorante unico
rifugio possibile.
Il
sapore delle lacrime salatissime di quei giorni e l’evoluzione a uno stato
mentale successivo.
Il
labirinto della droga. L’orrendo gioco dell’alzare sempre più in alto
l’asticella dello sdegno.
Umiliazioni
e gesti biechi. Gli specchi rotti e la voglia di essere migliore soffocata dal
primo colpo di tosse.
L’amore
illusorio. La voglia di telenovela porno. Inutili sbalzi d’umore e reazioni
scollegate dalla realtà.
La
presa di coscienza e l’abbandono di tutto. Gli aerei, mille persone dimenticate
e tanto sudore. Viaggi improbabili, falsi contratti, truffe e raggiri.
La
violenza subita. I torti fatti e non pagati. L’accettazione della parola
vergogna.
La
riflessione e la rielaborazione del proprio mondo. Distinguere il bene e il
male e poi ripartire.
Il
coraggio e la passione. Cancellare la parola rimpianto e problema. La fenice.
L’ultimo
aereo, il faro poi Parigi. Poi chissà. Io sono ancora qui e non capisco cosa
stia facendo o cercando in Scozia.
Adesso
provo disagio e apro gli occhi.
Sarah mi guarda con un sorriso smagliante
teneramente compassionevole e mi dice che se non ascoltassi musica durante la
seduta mi avrebbe chiesto un sacco di cose sull’Italia. È il paese che amo, mi dice in un italiano claudicante e aggiunge
che il prossimo anno vorrebbe passare un mese con il suo ragazzo a Roma,
Firenze, Venezia… e Livorno, dove vive una sua zia acquisita.
Mostro timidamente di essere compiaciuto della sua
decisione e poi le stringo la mano ringraziandola e complimentandomi per la sua
abilità mi dirigo felicemente intorpidito all’uscita.
Sulla strada lo schiaffo del caldo mi fa quasi
perdere l’equilibrio. Mi fermo al market per acquistare un box di birre e poi
al molo per rientrare al mio rifugio con i miei nuovi piedi sostanzialmente
unti e profumati.
Sulla barca del rientro al faro, voglia di
sistemare francobolli antichi; quelli neozelandesi arrivati una settimana fa
all’ufficio postale “Quattro” di Arbroath.
Sei solo, guardiano, non voltarti. Trasforma ogni
tuo piccolo viaggio fisico o mentale in un’esperienza memorabile, non importa
se la poca consapevolezza della vita rubata potrà essere condivisa o meno.
Il dolore mi nutre, il malessere e il disagio mi
fanno sentire vivo. Se imparo a convivere con tutto questo avrò raggiunto una
meta, anche se non capisco quale possa essere in realtà.
Mano nella tasca sinistra, tre mandate in senso
antiorario tirando forte a sé il pesante portone metallico del mio “Bell Rock”
per dirigermi velocemente alla scrivania, birra alla mano.
Passo a disporre con cura le attrezzature
necessarie sul piano da lavoro. Catalogo specializzato “Yvert” per la Nuova Zelanda ,
pinzette inox ergonomiche da 15
cm punta arrotondata, lente d’ingrandimento
professionale con focus x2 e x4 auto illuminante, filigranoscopio elettronico,
lampada di Wood portatile per rilevare eventuali fluorescenze, odontometro
decimale per stabilire le dentellature dei vari francobolli, cartoncini con
listelli per disporre i pezzi catalogati, targhette segnaprezzo per scrivervi
numero di catalogo note e prezzi, post-it piccoli e multicolore per annotazioni
diverse, e infine il grosso album da 32 pagine color magenta stracolmo di
francobolli neozelandesi dal 1857
a oggi. Oltre 3000 pezzi su 64 facciate con bei doppioni
anche di valore e alcune interessanti varietà da sottoporre agli esperti di
francobolli neozelandesi attraverso i forum filatelici che normalmente
frequento.
Bevo un sorso di birra e comincio la prima parte
della lunghissima maratona filatelica al termine della quale mi sarò
dimenticato praticamente di tutto ciò che ho fatto durante il mio day-off. Ad eccezione
del profumo di Sarah.