…Il cielo…
Il senso
di questa introduzione non voleva spingermi a parlare della più bella montagna
di 4478 metri esistente nell’universo, quanto il ricordo dei più bei tramonti
visti nella mia vita.
Trovo che
il tema del tramonto (così come dell’alba) sia talmente utilizzato in
letteratura e in poesia che dovrebbe essere assurdo sconvolgersi ogni volta che
se ne vede uno meraviglioso. Eppure…
A quel
tempo gestivo un rifugio in montagna a 2478 metri e pensavo che solo due
chilometri mi separavano da una delle più belle sculture che uno dei valenti
artigiani geologici avessero mai sapientemente modellato. Coordinavo, se così
si può scrivere, una squadra multirazziale degna di essere paragonata a quella
cinematografica di Brancaleone, tra difficoltà emotive e professionali
che a distanza di oltre dieci anni sarebbero state raccontate da un faro
scozzese.
La mia
adrenalina, la mia (oramai sopita) motivazione, e il senso del dovere in stile
Wermacht che mi contraddistinguevano mi portavano ad avere un’energia infinita;
ma il mio nervosismo, che non riuscivo minimamente a celare, la faceva da
padrone, mostrando tutta la mia debolezza, nonostante il timore e rispetto che
incutevo negli altri.
Trovai
subito una valvola di sfogo per recuperare salute e credibilità: in barba alle
severe leggi elvetiche in materia di raccolta dei cristalli, decisi di
strappare schegge di paradiso direttamente da una delle sculture conosciute ai
più come montagne, mettendomi a raccogliere cristalli o, più semplicemente,
quarzi. Il tutto dopo 12 ore filate di lavoro naturalmente.
Per tutti
i colleghi ero un folle; per il mio capo, “l’uomo dei sassi”; per i turisti di
passaggio, una bizzarra curiosità; e per la polizia, un piccolo criminale.
I miei
mezzi a disposizione erano una mazzetta trovata durante i lavori di
ristrutturazione ed una punta da muratore del quale francamente non conosco il
nome tecnico ma che sicuramente è molto dura.
Subito
dopo avere chiuso casse e registrato i conti, senza nemmeno farmi una doccia,
partivo con due vecchi secchi, robusti e sporchi come pochi. M’incamminavo e
cominciava la camminata/scalata in pericolosissimo regime di semi-oscurità.
Arrivavo intorno ai tremila metri di altitudine e questo già mi avvicinava a
Dio. Una volta trovata la zona, illuminavo e cominciavo a picchiare come un
minatore, alla ricerca non tanto di quel po’ di quarzi o cristalli quanto
piuttosto di un’indefinibile panacea per il mio malessere interiore. Cercavo la
pace con gli altri ma non ero in pace nemmeno con me stesso, e a distanza di
oltre due lustri posso confermare che ogni uomo o donna ha bisogno di
invisibili vibrazioni che gli possano creare un piccolo manto protettivo ((un permafrost?) di felicità
o apparente calma.
Oggi per
me queste piccole emozioni si chiamano libri, musica o francobolli, ma conosco
persone che sfogliano in maniera quasi compulsiva libri fotografici d’arte con
le lacrime agli occhi e il magone in gola. Personalmente li adoro anche se
purtroppo non ne capisco il linguaggio.
Elemento
curioso e imprescindibile per testimoniare le mie continue e progressive
metamorfosi sono stati i cieli che mi circondavano. Credo che nessuno dei miei
cambiamenti più o meno importanti sia avvenuto senza sfruttare lo sfondo
incantevole di un cielo assortito; sia esso plumbeo e glaciale, oppure
strepitoso in stile locandina di Wild at Heart del visionario regista
David Lynch (certamente più noto per aver firmato Twin Peaks).
Eppure,
come ogni buona ricetta che sta per trasformarsi in emozione e sensazione a un
tavolo di commensali pieni di aspettative, la mia pentola emotiva comincia a
bollire in anticipo, impedendomi di dormire. Quando succede è arrivato il
momento di vestirsi, lavarsi la faccia, e attendere l’alba o il tramonto da
qualche parte nel mondo. L’ho fatto al mare, in montagna, a 31 gradi sottozero,
davanti alla grande moschea bianca di Abu Dhabi, in mezzo alla più inquinata
città, nelle terre brulle che segnalano l’inizio del deserto, da un grattacielo
di oltre 140 piani, o più semplicemente dalla finestra di una delle mie tante
case affittate in funzione dell’ennesimo contratto di lavoro.
Dedico
questa mia missiva al cielo, vera colonna cromatica che accompagna tutti allo
stesso modo verso quel collo di bottiglia che è in fondo il destino. Già lo
fece duecento anni or sono, accomunando per esempio schiavi e negrieri, o anche
vincitori o vinti di una necessaria/inutile guerra come preludio, forse, a un
punto d’arrivo comune, che priva totalmente dei significati terreni le nostre
esistenze dal valore sempre soggettivo.
Caro
cielo,
non
ti stupire delle nostre reazioni al tuo passaggio. Siamo piccoli piccoli al tuo
cospetto. Non so e non credo tu possa provare emozioni intese in chiave umana,
ma fingere di crederlo rende possibile scriverti umanizzando meccanismi che
grazie a meccaniche celesti, di umano non hanno nulla. Come ci si sente ad aver
accompagnato la storia del mondo? Chissà quante situazioni, biodiversità,
coincidenze o cambiamenti hai determinato solo per il fatto di vestirti in
abito grigio, oppure con quella tutina blu cobalto che tanto ti dona, o quel
completo rosso che ti rende semplicemente irresistibile.
Anche
se le mie parole insignificanti non modificheranno minimamente lo scorrere
della tua esistenza, e le stelle che ti completano continueranno i loro cicli
cosmici come hanno sempre fatto tra una profezia e l’altra, volevo
ringraziarti.
Su
di te sono state spese miliardi di parole, prima e meglio di quanto abbia fatto
io, così miseramente utilizzando un’asettica tastiera di PC; tuttavia mi sento
di averne diritto e sono qui a ribadire il mio stupore e il mio rispetto
incondizionato per la tua maestosità.
Spero
di rivederti presto mentre utilizzi quelle
rarissime sfumature violacee che mi avvicinano all’assoluto incanto
della natura; e io sarò li, a scrivere con te.
Buon
proseguimento.
Il cielo, dove sono io è soprattutto stelle.
RispondiEliminaCerto che con l'inquinamento e le luminarie, rischiamo di coprirlo.
Meno male che lui è sempre là, per chi sa dove guardare!
Un saluto da un tuo nuovo lettore!
Grazie Joker per la tua attenzione. Un saluto dal faro
RispondiElimina:-) Bello come sempre, vorrei scriverti di più a rigurado del cielo, ma oggi non sono nell'uomre di fare uscire parole.
RispondiEliminaCondivido il tuo sentimento per il cielo.
A presto
Solo il tuo intervento è un pezzettino di cielo. Al prossimo tramonto come Dio comanda scrivimi qualcosa ;)
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