Tra
miseria e fortuna
Ho un amico color paglierino di fronte a me, più o
meno all’altezza della bocca. Si chiama “Isle of Jura 21 Years old” e trattasi
di un amico whisky (scozzese ovviamente visto che termina con “ky” finale a
dispetto dei colleghi americani o canadesi che terminano in “key”). Vellutato,
equilibrato e persistente: un magnifico esemplare tremendamente intenso e
giustamente caro.
Mi sento povero questa sera ed è una sensazione
sgradevole.
Naturalmente non parlo di soldi, quello sono
l’ultimo dei miei pensieri perché come quasi certamente tutti o quasi sapranno,
i guardiani di fari sparsi per il mondo vivono con poco: qualche emozione per
lo più. Preferirei essere semplicemente triste per una circostanza o magari un
po’ adirato: ma non è questa la sensazione.
Alterno rimpianti a sgradevoli constatazioni su me
stesso e sulle mie incapacità di svendere quel poco di realismo che il buon Dio
mi ha dato, con qualche strampalato sogno che inevitabilmente scioglie le sue ali
di cera avvicinandosi al calore.
Non
so come e non so perché, l’ultima ancora femminile che mi incollava ad una
pseudo esistenza in quel di Scozia (Jenny), è diventata probabilmente la
valchiria per qualcun altro, visto che non mi ha più ceercato da oltre un mese.
Per
citare un ex collega siculo “non è chistu u probblema”. O forse si.
Ho in pugno un cucchiaio con il quale scavo
impossibili gallerie dirette al mio cuore. Intaglio me stesso nel peggiore dei
modi raccomandabili: molto e male rifacendomi involontariamente al masochismo così
tipico del primo movimento punk del finire degli anni settanta.
Siamo presumibilmente creature solitarie, ma non
riesco ad accettarlo probabilmente perché la mia voglia di amare è molta e
giunto alla fine del settimo bicchiere, sono fermamente convinto sia stato uno
spreco aver infuso anche solo un pizzico di questo sentimento in me.
L’alcool non affoga alcun dispiacere e meno che
meno lo può fare un distillato così buono che, al limite, accentua l’amarezza
di alcuni pensieri solo per il fatto di essere così dannatamente buono.
A questa prefazione del nulla segue ancor meno.
L’impeto spasmodico delle onde su una barca
ormeggiata in un pomeriggio burrascoso.
Il roboante ed impetuoso frastuono della pioggia
intensa sulla lamiera della baracca di un povero disgraziato.
Il sorriso lievemente disgustato di alcune persone
superbe e l’odore della sala di aspetto di un medico di provincia in un piovoso
mattino: questo sono io adesso e non posso che crogiolare nel mio disappunto.
Non è il male di vivere, ma è vita anch’essa.
Non è la fine del mondo, ma è un pezzo del mondo.
Non è la mia normalità ma è il lato oscuro che la
circonda.
Mi dirigo mestamente verso l’uscita del pub e il
barista mi raccomanda di non prendere la barca in quello stato indicandomi lo
sgabuzzino salva ubriachi. Lo apostrofo con un impossibile turpiloquio italo
anglofono sottolineando che quello è il posto degli ubriachi e che io sono il
guardiano del faro Bell Rock, il più antico e prestigioso faro scozzese.
Abbandono la ridanciana atmosfera tra uno spintone
di un collega di bicchiere e uno sfottò per uscire al di fuori e venire
assalito dalla realtà ventosa che mi fa da cornice ogni giorno oramai
dall’ottobre del 2012.
Sono certamente ubriaco e materialmente più povero
di almeno 110 pounds ma non sono così coglione da prendere la barca e dirigermi
al faro in questo stato.
Mi sbottono in maniera tutt’altro che garbata ed
elegante i pantaloni e, come sempre capita a noi idioti alcolisti occasionali,
faccio una fatica assurda per non urinarmi addosso. Il goffo tentativo riesce
per mio stupore ed è in quel romantico momento che sento una vocina famigliare.
Mi giro coprendo la mia timida e freddolosa
escrescenza con qualcosa che impugnavo in mano del quale nemmeno riesco a dare
un connotato e con sguardo inebetito e occhi iniettati di whisky mi ritrovo
faccia a faccia con la signorina Dunhill, Jenny per l’appunto.
In quel preciso momento mi rendo conto che la
serata al pub era solo l’after dinner di una giornata cominciata a vino rosso e provo indignazione
per come ho fatto a conciarmi in quel modo vergognoso e che a tutto si confà
tranne che a un light house keeper con tanto di divisa di ordinanza primaverile
di uno splendido blu che si perde nella penombra del vicolo.
Jenny è così gentile e premurosa da ridarmi un
tono e quando si avvicina sento con piacere le sue mani calde e il suo profumo
si mischia al prevalente odore di alcool che emetto da ogni singolo poro.
Mentre ci incamminiamo verso casa la sua
espressione si faceva più severa e credo
mi abbia redarguito in una o più occasioni, senza nemmeno immaginare che era
probabilmente lei stessa la causa di quella infausta serata. Forse mi vuole
bene?
Non riuscivo nemmeno a stare in piedi ma
continuavo ad annuire per rispetto reverenziale a ogni sua incomprensibile
frase nei miei riguardi sventolando il pollice verso l’alto da perfetto idiota.
Alcuni sprazzi di lucidità di alcuni secondi, mi
avrebbero indotto a pensare che mi sarei presumibilmente svegliato nel
divanetto di Jenny vicino al bagno con un secchio di plastica in mano ma non è
stato così.
Il mio angelo custode quella sera ha dormito tutta
la notte abbracciandomi e assistendomi mettendomi perfino in imbarazzo con le
sue attenzioni, creandomi così un grande senso di colpa e di disagio.
Ho pensato per rabbia le peggior cose di lei solo qualche ora prima al pub ed
è anche per questo mio meschino modo di agire che a volte allontano le persone
che probabilmente a me tengono per un motivo inspiegabile ma reale.
Sono incredibilmente felice nel sentire i suoi
seni sulla mia schiena e avrei il mondo in mano se non dovessi trattenere i
conati a denti serrati.
La mia insensibile mano stringe con vigore la sua
così pallida e affusolata ed è in questo momento l’unico modo che ho per poterle
dire: GRAZIE.
Il giorno seguente almeno un faro nel mondo non
avrà un guardiano, questo è certo; ma la signorina Dunhill di ritorno
dall’ufficio notarile presso cui lavora, avrebbe trovato attaccato alla porta
questo messaggio:
Dolcissima
signorina Jennifer
Faro
del mio faro,
Inarrestabile
rigagnolo di serenità.
Scorri
la vita con un dono del quale nemmeno sospetti:
ricetta
perfetta per il sorriso dello spirito.
Nutrimi
con il tuo sudore
e
macchia ogni squarcio di mondo che tocchi
con
le tue tonalità di giallo.
Nel
tentativo di comprendere ciò che sei veramente,
Mi
arrendo a un’ennesima veglia ingenerosa
Con affetto Andrew