05 febbraio 2013

Lettera numero tredic-i: Manie,amicizie e amori perduti...


Manie, amicizie e amori perduti…

Le persone si distinguono per tutta una serie di cazzate che normalmente si manifestano con la frase «Sono una persona particolare», oppure «Sono fondamentalmente buona ma ho un carattere difficile».
Parlo di cazzate, ma se volete chiamiamole più o meno inutili assurdità rituali. Allora, sveglia alle 5:03 e, come ogni volta che mi metto in viaggio, bacio la sciarpa della Samp appesa sul letto del guardiano: il mio letto. Quando mi sveglio dopo una nottata alcolica grido solo “Olè!”

Gabbiani, pensieri erotici, lieve nausea, fantasie della giornata che mi tende le braccia, mentre la schiuma in faccia mi dà il senso della banale vita quotidiana. O forse no. Sono schiavo della mia vita sociale, oggi. Si parte.

Ore 5:21, arriva Andrew (non may73 ma Chesterton, come il famoso poeta inglese) con la barchetta numero tre della capitaneria (Z. Jones all’anagrafe marittima, chissà perché). Sollevo lo sguardo e lo saluto con il mio sorriso smagliante modello due per occasioni informali. Dopo il panda o il calamaro come livello di inespressività a livello mondiale penso di occupare una delle prime posizioni. A quest’ora persino Andrew C.  riesce a non parlare di fica.
Il secondo rituale della giornata consta nell’inserire la mano in tasca fingendo di cercare qualcosa per poi toccare tre volte il testicolo sinistro. La cabala celata di un individuo insospettabilmente scaramantico.
Sbarco sul moletto di Arbroath e in dieci minuti a piedi sono già in stazione, lì dove ritirai i bagagli tre mesi or sono. All’edicola scatta l’acquisto compulsivo di tre articoli scelti con un criterio assolutamente collaudato: un quotidiano che mi omogeneizza al resto della Scozia, una rivista trendy per alleggerire, e una tremendamente culturale ed eccezionalmente settoriale così da pietrificare sul posto chiunque si azzardi a formulare ipotesi su di me. Non li aprirò mai, non tutti perlomeno.

Anche se mi ero affrancato dalla schiavitù dei giudizi altrui, qualche residuo purtroppo mi è rimasto; ma è tipico degli ex tossici essere ancora un po’ “robbosi” dopo l’uscita dal tunnel.

Appena arriva il trenino alla volta di Dundee, salgo e occupo sempre un posto a destra in un sedile che non sarà mai il primo o il secondo e men che meno quello di centro. Subito dopo, lascio il posto occupato dai miei bagagli e faccio un giretto per almeno due vagoni (trattasi di treno piccolo, arrivo ai tre vagoni per i treni di lunga percorrenza) e verifico la fauna locale con le rispettive abitudini: lo scaccolatore, l’indifferente, l’arrivato, l’ansioso, e il dio dello scazzo in terra, per esempio.
Taglio gli scompartimenti come il coltello caldo rompe il burro stemperato, utilizzando i miei due occhi, dei quali uno pigro, per raccogliere quanti più dettagli possibili.

Sulle persone faccio film, organizzo feste dell’immaginazione e intrattengo rapporti che vanno ben al di là dei singoli tratti di viaggio condivisi. Magari vacanze insieme o perfino nozze.

Il treno corre nelle campagne sorprendentemente scozzesi, ed è un piacere per gli occhi tutto questo verde intervallato mestamente da alcune sobrie fattorie. Mi tocco spesso il naso non perché io sia un bugiardo ma perché quando sono emozionato i miei terminali nervosi fibrillano proprio in quella zona. Se un malato di narcolessia sollecitato si addormenta di colpo, io potrei avere la nasolessia.
Di questo parlavo. Di una serie incredibile e concatenata di rituali e assurdità che più o meno consapevolmente creiamo nella nostra testolina più o meno bacata fingendo di essere tutti unici e speciali. Più o meno.
Ognuno è perfetto. Siamo tutti parte di un magma, e oggi mi sento come un lapillo appena schizzato via da un rovente foro, magari in un vulcano dell’Oceano Pacifico. Il faro mi voleva far diventare pazzo ed io ho preso il mio laptop e il mio trenino e vado a passeggiare lontano.

Il mio itinerario è scelto con un criterio bizzarro che richiama la ritualità tipica di alcuni serial killer quando designano il proprio agnello sacrificale. Cerco un qualche riferimento ovunque, ad esempio nel titolo di un articolo di giornale, e vado nel primo bar che riporta una similarità con qualcosa che mi ha suscitato interesse. Una volta lì consumo, osservo le persone, scrivo, e ogni tanto lancio sguardi fintamente interessati o apprensivi verso le persone che mi incrociano. Ne raccolgo il feedback e questo mi serve ad alimentare fantasticherie. Peoplespotting? Se non esiste, lo invento io.
Dopo un’intera giornata dedicata ai miei tic e alle mie piccole preoccupanti inutili manie, constatato in effetti per l’ennesima volta di essere soli su questo viaggio chiamato esistenza,  è l’ora di rientrare a casa e finalmente respirare.

Gli schemi sono saltati e sono riuscito a sbucciare la cipolla che mi contiene sino al nucleo; adesso sono libero dalla maledizione che mi porto dietro da un evento traumatico del quale probabilmente non ricordo nulla. Sulla strada del ritorno, mi sento svuotato completamento da quel fottutissimo strato di convinzioni e convenzioni che ci impanano malamente come quando si usa un pangrattato intriso (scorrettamente) di uovo sbattuto. Adesso sono me stesso o per meglio dire “è emerso un io “ al quale troppo spesso non ricorriamo per avere chissà quali presunte sicurezze. Il mio ricordo va ai miei genitori adottivi e mi immedesimo in tutti coloro che hanno perso qualcuno di caro o rinunciato a qualcosa di davvero importante come l’amore. Tremendamente importanti e incredibilmente irrinunciabili sono certe cose, che usiamo per non accendere l’interruttore della tristezza incondizionata. Chiuso il laptop, raccolgo le mie miserie e sfodero  una delle mie immancabili Bic portate con me dall’Italia.  Posiziono un foglio di block notes proprio in corrispondenza della mia mano sinistra come se, da mancino, volessi utilizzare quella famosa immancabile Bic per scrivere.

All’improvviso, su quel frontespizio color bianco panna, compare quanto segue:

Dedicato a tutti. A tutti perché questo è il quantitativo sul totale di quelli che possono dire di aver sofferto per la scomparsa di qualcuno o la fine di un sentimento.  Un carissimo amico di lunga data mi disse in due fasi durate un ventennio che 1. La morte fa parte della vita e 2. Rassegnati al fatto che l’uomo è una creatura sola a differenza di altre entità vegetali o animali come ad esempio le formiche. Ebbene, nonostante questo, pur ammettendo alcuni aspetti direi perfino biologici, non mi stanco mai di scrivere a questa persona «Sei speciale» oppure «Ti voglio bene». Non  posso immaginare una vita senza punti di riferimento, siano essi fari, amici o ahimè famigliari, e se questa fosse una mera illusione dettata dal nostro cuore allora così sia.  Non sentire questa persona per mesi o addirittura anni come è successo davvero, ha fatto morire un piccolo pezzo di me, e se lui lo sapesse probabilmente si comporterebbe o si sarebbe comportato in maniera differente. Passiamo la vita a detestare un genitore o a rimarcare il torto subito da un fratello ma se questo dovesse mancare recupereremmo immediatamente qualcosa dal libro del nostro passato. Ho amato due donne e quel sentimento adesso è come un bicchiere d’acqua gettato nel mare. A differenza del “tutto” della legge della fisica, l’amore perduto non si trasforma ma in compenso ti cambia. Non si recrimina e non si piange su latte versato ma che imperdonabile spreco di amore per un mondo e per quelle persone che di amore ne avrebbero tanto bisogno. Una di queste donne è ancora tremendamente importante per me e Dio solo sa quanto anche nel mio bel faro l’avrei continuata ad amare, ma non esiste unilateralità in queste cose. Lei ed io abbiamo due linguaggi diversi e sono inconciliabili purtroppo ed è grazie a questo dolore che forse scrivo. Lo stesso concetto che ho di questi incredibili sentimenti come l’amicizia o la capacità di amare prevede un’invisibile quadricromia di elementi magici che alla fine sono in grado di coprire tutte le sfumature delle emozioni delle quali ci nutriamo per vivere, appunto.

Vedi, amico mio, il tuo illuminismo se così posso definirlo, è concettualmente solido ma stride con noi stessi e anche con quello che il tuo cuore ti dice in una lingua che oramai magari snobbi. Non ci si può riempire la vita d’impegni per soffocare questo linguaggio. Siamo soli per natura in questo gioco della vita? Va bene, ma io gioco a fare la formica.

7 commenti:

  1. Ciao Guardiano.

    Più che formiche, io ci vedo come animali di branco. Abbiamo bisogno del nostro branco, composto da amici, familiari, colleghi e via discorrendo. Siamo animali di gruppo. Unici: in tutta la storia dell'umanità, passata, presente e futura, non c'è mai stata, ne c'è, ne mai ci sarà una persona identica a noi.

    Quindi è facile dire: "Sono speciale" o "Sei speciale, unico". E' sicuramente vero

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  2. Siamo un branco di pseudo scrittori joker ed è un piacere ricevere i tuoi commenti :) ed è sicuro che siamo tutti speciali

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  3. Come sempre i tuoi racconti sono eccellenti, e riescono a toccare le note giuste.
    Un saluto

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  4. Immancabile leggerezza dell'essere, ... , simpatico, realista, fantasioso, assurdo, frenetico, pazzesco, grato, e tra tutte queste, l'aggettivo che per te è a pennello è sicuramente, .... talentuso. Basta darti una penna o tastiera, e tu rendi reale ciò che ti circonda. Sia materialmente che emotivamente. Complimenti COLLEGA.... Ciao da Riccardo, Ponzano Veneto.

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  5. Carolina davvero sei gentilissima e mi fa tremendamente piacere nel riuscire ad emozionarti. Conoscessi la stessa alchimia nella realtà con una donna la utilizzerei 100 volte al giorno.

    Mille grazie anche a te Riccardo ma io sono solo un piccolo cuoco che si diverte da matti a scrivere usando il mio faro come sacco per i pugili per le mie emozioni.
    Mi farebbe piacere avere anche un giudizio sulle lettere filateliche che scrivo per incuriosire le persone ad una passione le cui sfaccettature sono davvero moltissime e ricchissime di emozioni e storia. Ben al di la dei luoghi comuni cinematografici su quello che potrebbe essere considerato l'hobby del nerd o dello sfigato di turno.
    Non mi resta che augurarvi buonanotte ed iniziare la lettera 14.

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  6. Non sei un piccollo cuoco, sei Andrewmay, c'è differenza , semmai fai il cuoco come mestiere con l'hobby di scrivere e lo fai davvero molto bene.

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  7. ho un amico che scrive davvero molto bene ed è un professionista con almeno 4 pubblicazioni alle spalle credo. Ebbene lui mi corregge molte cose e se il risultato un minimo lo ottengo lo devo molto al suo lavoro. Ad oggi sbaglio delle cose che per un conoscitore della lingua italiana sono tremende però alla fine funziona :)

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