Mi
ricordo...
In una domenica pomeriggio in cui “piovono cani e
gatti” (1), per dirla come gli inglesi, ci sarebbero ben poche attività in
grado di stuzzicare l’immaginario collettivo. Sorvolando sulla prima, che
prevede l’utilizzo di uno o più partner con corpi inebriati dagli ormoni,
rimarrebbero la partita a scacchi con lo zio/nonno, qualche foto di vecchi
album di famiglia, la catalessi provocata da alcuni interminabili show
televisivi domenicali, e poi chissà che altro.
I più fortunati attizzerebbero il caminetto e lo
scoppiettare della legna si fonderebbe magicamente con lo scroscio della fitta
pioggia sugli usurati tetti a spiovente.
Altri come me, oltre a non avere un camino
funzionante e relativo impianto di dispersione dei fumi, escogiteranno il miglior
modo per non lanciarsi con grande potenza di testa sul muro bucciato
dell’androne allo scopo di spezzare la monotonia scrivendo magari con il sangue
sul muro “mi ricordo”.
Non posso nemmeno aprire la finestra visto che
l’acqua piove quasi in orizzontale, spinta da un vento a dir poco ingiusto.
Bastardo di un vento!
Oh! Quella cassa dei vini nell’angolo basso vicino
al mio schedario parzialmente adibito a magazzino mi lascia presagire come
posso passare felicemente le prossime ore, senza arrecar danno a chicchessia.
Apro il meccanismo a molla che toglie i fermi alle confezioni di una
prestigiosa casa vinicola veneta, e subito mi appaiono centinaia di lettere
acquistate negli anni scorsi. Storia postale mondiale dal 1850 circa al 1945,
includente anche alcune belle cartoline e lettere e qualche frammento (2)
sparso qua e là.
Come collezionista di francobolli e appena
conoscente di storia postale, nella mia vita ho conservato solo alcune lettere
antiche in virtù della loro rarità, ma quello che sto spulciando in questo
momento è una specie di occhio magico sul passato; nulla a che vedere con qualunque
livello di ricercatezza.
Il mio sguardo, ma aggiungerei anche la mia mente
e la mia immaginazione, questa volte si sofferma non tanto sul valore puramente
economico o collezionistico di questi vecchi pezzi di carta, quanto sul loro
contenuto. Accarezzo un mondo che non esiste più da almeno cento anni, quando
si agiva per rabbia o passione cieca, quando la parola era contratto, e quando
i soldati si innamoravano delle donne dei Paesi belligeranti e poi le andavano
a ritrovare al termine del conflitto per prenderle in sposa. Che aggiungere?
Poesia, se vogliamo.
Per capire l’importanza di una lettera spedita
oltre un secolo fa, forse dovremmo chiudere gli occhi, respirare profondamente,
e immaginarci un mondo senza elettricità domestica, telefono su larga scala e
men che meno radio, televisione, Internet, Twitter o Facebook. I viaggi su nave
duravano forse mesi e diversi bimbi di migranti nascevano sui bastimenti diretti
in Argentina piuttosto che verso gli Stati Uniti. Le piccole cose erano
semplicemente cose perché tutto era importante, e non era insolito gioire tanto
da lacrimare per un dolce quanto per una scarpa buona.
Apro la prima corrispondenza, che è relativamente “recente”,
e più precisamente è una lettera di posta aerea datata 4 aprile 1940. Il luogo
recante il timbro era Massaua , alla volta della Germania. All’epoca eravamo
una “non-potenza” coloniale, se non ricordo male, e sulla busta spicca
l’inequivocabile stemma che indicava la censura tedesca… Tempi bui che nessuna
luce sarebbe stata in grado d’illuminare per almeno un lustro. Una tremenda
voglia di vita e di normalità avrebbe messo a posto le cose.
Tornando alla lettera. Una splendida affrancatura
mista composta da francobolli delle colonie di alto valore. Questi francobolli
fanno parte dell’ “Africa orientale italiana” e sono molto carini ma
distraggono l’allenato occhio filatelico dal nome del destinatario: “Margherita
Ott Gaudenzi” di Hannover.
All’interno un ingiallito foglio piegato e
strappato a metà scritto molto bene in un corsivo italiano con un tratto
lineare e pulito. Il soldato in questione, nelle poche righe a me concesse dal
destino, parla della guerra in maniera umana. Un ricordo tremendamente bello e
importante del suo passato scritto nella consapevolezza dell’ inevitabile
occhio tiranno della censura hitleriana:
“Amatissima
Margherita mia,
non
penare perché sono certo la guerra volgerà a nostro favore sia in terra europea
che nelle distanti e calde terre selvagge africane.Nel campo la vita è dura ma accettabile ed il rancio non manca mai, soprattutto per noi ufficiali.
Mi mancano invece tremendamente le nostre passeggiate al fiume nelle quali ci guardavamo senza dire una parola ma che si interrompevano di tanto in tanto con divertita complicità.
Per
la prima volta nella mia vit…….”
Il mittente in questione, Tenente Gaudenzi Federico,
non credo ostentasse tranquillità, ma certamente non avrebbe minimamente
immaginato che nell’arco di sessantaquattro mesi sarebbero successe cose tipo:
attacco a Pearl Harbour, olocausto, fine del regno d’Italia, liberazione dal
nazi-fascismo del quale anche lui era parte integrante, nascita di due blocchi
mondiali contrapposti e due devastanti bombe nucleari a completare questo
tragico immediato futuro.
Il pezzo della pagina strappata sarà da qualche
parte nell’universo, oppure si è trasformato in energia perché bruciato. O
forse è finito sull’arcobaleno. Io però immagino quello che Federico abbia
potuto scrivere ancora alla sua bellissima Margherita, che forse bellissima non
era; ma non lo voglio condividere, lo voglio custodire, in parte per la mia
invidia.
Quanto amore, coraggio, amicizia vera sono state
sprecate e non documentate solo il secolo scorso: cento anni di guerre
cruentissime e atrocità oltre ogni pensabile limite immaginativo.
Non sono uno storico, ma qualsiasi storico mi
direbbe che in realtà queste nefandezze sono sempre esistite; fin dalla notte
dei tempi.
Non sono un medico, ma se si parla ad esempio di malattie
devastanti, qualsiasi medico mi direbbe che in confronto alle epidemie di peste
medioevali, alcune patologie moderne sono poco più che un raffreddore.
Non sono uno esperto di storia postale, ma
qualsiasi esperto di storia postale delle colonie mi direbbe che fra le enne-mila
lettere spedite dall’ Africa la destinazione più comune era la Germania, per
cui questa lettera non è niente di speciale.Non sono nessuno, ma trovo follemente romantico e bello pensare che si sono superati tutti questi tragici eventi perché il numero delle persone che usavano passeggiare vicino a un fiume amando incondizionatamente il proprio partner abbia superato di gran lunga il numero di persone che hanno imbracciato un fucile, anche se non mi illudo minimamente possa essere vero.
La coda dell’occhio mi cade su un piccolo ragnetto
sul muro che probabilmente mi studia mentre spulcio queste lettere, e mi
domando come diavolo ci sia arrivato un ragno nel mio faro. Mah… Sarà salito su
uno dei miei bagagli perché voleva vivere anch’esso in un luogo tranquillo e inaccessibile
ai più. Lo considero un ospite e vado a preparare un po’ di tè come si
conviene.
Il vento non placa minimamente la sua forza, ma la
mia mente è ancora in Africa nel 1940 e poi forse vicino a un fiume, Margherita
non si chiama così, ma è bello non essere in guerra.NOTE:
1. "pioggia a catinelle" si traduce in inglese "rain cats and dogs", letteralmente "piovono cani e gatti"
2. quando si parla di frammenti in senso filatelico, si parla di francobolli ancora attaccati a pezzi di carta della busta originale, frammenti per l'appunto. Normalmante quelli antichi hanno un valore più elevato rispetto al francobollo usato, cioè timbrato perchè utilizzato ma staccato dal suo supporto originale (busta, plico o giornale che sia).
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