11 aprile 2013

Lettera numero diciassett-e: " Mi ricordo"


Mi ricordo...

In una domenica pomeriggio in cui “piovono cani e gatti” (1), per dirla come gli inglesi, ci sarebbero ben poche attività in grado di stuzzicare l’immaginario collettivo. Sorvolando sulla prima, che prevede l’utilizzo di uno o più partner con corpi inebriati dagli ormoni, rimarrebbero la partita a scacchi con lo zio/nonno, qualche foto di vecchi album di famiglia, la catalessi provocata da alcuni interminabili show televisivi domenicali, e poi chissà che altro.
I più fortunati attizzerebbero il caminetto e lo scoppiettare della legna si fonderebbe magicamente con lo scroscio della fitta pioggia sugli usurati tetti a spiovente.

Altri come me, oltre a non avere un camino funzionante e relativo impianto di dispersione dei fumi, escogiteranno il miglior modo per non lanciarsi con grande potenza di testa sul muro bucciato dell’androne allo scopo di spezzare la monotonia scrivendo magari con il sangue sul muro “mi ricordo”.
Non posso nemmeno aprire la finestra visto che l’acqua piove quasi in orizzontale, spinta da un vento a dir poco ingiusto. Bastardo di un vento!

Oh! Quella cassa dei vini nell’angolo basso vicino al mio schedario parzialmente adibito a magazzino mi lascia presagire come posso passare felicemente le prossime ore, senza arrecar danno a chicchessia. Apro il meccanismo a molla che toglie i fermi alle confezioni di una prestigiosa casa vinicola veneta, e subito mi appaiono centinaia di lettere acquistate negli anni scorsi. Storia postale mondiale dal 1850 circa al 1945, includente anche alcune belle cartoline e lettere e qualche frammento (2) sparso qua e là.
Come collezionista di francobolli e appena conoscente di storia postale, nella mia vita ho conservato solo alcune lettere antiche in virtù della loro rarità, ma quello che sto spulciando in questo momento è una specie di occhio magico sul passato; nulla a che vedere con qualunque livello di ricercatezza.

Il mio sguardo, ma aggiungerei anche la mia mente e la mia immaginazione, questa volte si sofferma non tanto sul valore puramente economico o collezionistico di questi vecchi pezzi di carta, quanto sul loro contenuto. Accarezzo un mondo che non esiste più da almeno cento anni, quando si agiva per rabbia o passione cieca, quando la parola era contratto, e quando i soldati si innamoravano delle donne dei Paesi belligeranti e poi le andavano a ritrovare al termine del conflitto per prenderle in sposa. Che aggiungere? Poesia, se vogliamo.
Per capire l’importanza di una lettera spedita oltre un secolo fa, forse dovremmo chiudere gli occhi, respirare profondamente, e immaginarci un mondo senza elettricità domestica, telefono su larga scala e men che meno radio, televisione, Internet, Twitter o Facebook. I viaggi su nave duravano forse mesi e diversi bimbi di migranti nascevano sui bastimenti diretti in Argentina piuttosto che verso gli Stati Uniti. Le piccole cose erano semplicemente cose perché tutto era importante, e non era insolito gioire tanto da lacrimare per un dolce quanto per una scarpa buona.

Apro la prima corrispondenza, che è relativamente “recente”, e più precisamente è una lettera di posta aerea datata 4 aprile 1940. Il luogo recante il timbro era Massaua , alla volta della Germania. All’epoca eravamo una “non-potenza” coloniale, se non ricordo male, e sulla busta spicca l’inequivocabile stemma che indicava la censura tedesca… Tempi bui che nessuna luce sarebbe stata in grado d’illuminare per almeno un lustro. Una tremenda voglia di vita e di normalità avrebbe messo a posto le cose.
Tornando alla lettera. Una splendida affrancatura mista composta da francobolli delle colonie di alto valore. Questi francobolli fanno parte dell’ “Africa orientale italiana” e sono molto carini ma distraggono l’allenato occhio filatelico dal nome del destinatario: “Margherita Ott Gaudenzi” di Hannover.

All’interno un ingiallito foglio piegato e strappato a metà scritto molto bene in un corsivo italiano con un tratto lineare e pulito. Il soldato in questione, nelle poche righe a me concesse dal destino, parla della guerra in maniera umana. Un ricordo tremendamente bello e importante del suo passato scritto nella consapevolezza dell’ inevitabile occhio tiranno della censura hitleriana:

“Amatissima Margherita mia,
non penare perché sono certo la guerra volgerà a nostro favore sia in terra europea che nelle distanti e calde terre selvagge africane.
Nel campo la vita è dura ma accettabile ed il rancio non manca mai, soprattutto per noi ufficiali.
Mi mancano invece tremendamente le nostre passeggiate al fiume nelle quali ci guardavamo senza dire una parola ma che si interrompevano di tanto in tanto con divertita complicità.

Per la prima volta nella mia vit…….”

Il mittente in questione, Tenente Gaudenzi Federico, non credo ostentasse tranquillità, ma certamente non avrebbe minimamente immaginato che nell’arco di sessantaquattro mesi sarebbero successe cose tipo: attacco a Pearl Harbour, olocausto, fine del regno d’Italia, liberazione dal nazi-fascismo del quale anche lui era parte integrante, nascita di due blocchi mondiali contrapposti e due devastanti bombe nucleari a completare questo tragico immediato futuro.
Il pezzo della pagina strappata sarà da qualche parte nell’universo, oppure si è trasformato in energia perché bruciato. O forse è finito sull’arcobaleno. Io però immagino quello che Federico abbia potuto scrivere ancora alla sua bellissima Margherita, che forse bellissima non era; ma non lo voglio condividere, lo voglio custodire, in parte per la mia invidia.

Quanto amore, coraggio, amicizia vera sono state sprecate e non documentate solo il secolo scorso: cento anni di guerre cruentissime e atrocità oltre ogni pensabile limite immaginativo.
Non sono uno storico, ma qualsiasi storico mi direbbe che in realtà queste nefandezze sono sempre esistite; fin dalla notte dei tempi.

Non sono un medico, ma se si parla ad esempio di malattie devastanti, qualsiasi medico mi direbbe che in confronto alle epidemie di peste medioevali, alcune patologie moderne sono poco più che un raffreddore.
Non sono uno esperto di storia postale, ma qualsiasi esperto di storia postale delle colonie mi direbbe che fra le enne-mila lettere spedite dall’ Africa la destinazione più comune era la Germania, per cui questa lettera non è niente di speciale.

Non sono nessuno, ma trovo follemente romantico e bello pensare che si sono superati tutti questi tragici eventi perché il numero delle persone che usavano passeggiare vicino a un fiume amando incondizionatamente il proprio partner abbia superato di gran lunga il numero di persone che hanno imbracciato un fucile, anche se non mi illudo minimamente possa essere vero.

La coda dell’occhio mi cade su un piccolo ragnetto sul muro che probabilmente mi studia mentre spulcio queste lettere, e mi domando come diavolo ci sia arrivato un ragno nel mio faro. Mah… Sarà salito su uno dei miei bagagli perché voleva vivere anch’esso in un luogo tranquillo e inaccessibile ai più. Lo considero un ospite e vado a preparare un po’ di tè come si conviene.
Il vento non placa minimamente la sua forza, ma la mia mente è ancora in Africa nel 1940 e poi forse vicino a un fiume, Margherita non si chiama così, ma è bello non essere in guerra.

NOTE:

1.  "pioggia a catinelle" si traduce in inglese "rain cats and dogs", letteralmente "piovono cani e gatti"
2.  quando si parla di frammenti in senso filatelico, si parla di francobolli ancora attaccati a pezzi di carta della busta originale, frammenti per l'appunto. Normalmante quelli antichi hanno un valore più elevato rispetto al francobollo usato, cioè timbrato perchè utilizzato ma staccato dal suo supporto originale (busta, plico o giornale che sia).

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