“Dormo
dentro un noce e l’unica fonte di illuminazione proietta la sua ragnatela su un
grosso cilindro”.
Le parole formano a volte mosaici meravigliosi ma,
al pari dei mosaici reali, carpirne il loro significato richiede necessariamente
una certa distanza.
Seguendo questo ragionamento una frase ermetica e
apparentemente priva di un senso logico arriva ad avere un’improbabile ma
solida connotazione.
Supponiamo dunque che sia uscito di casa due settimane
or sono e che mi fossi recato con un amico presso una splendida “Country House”
delle maschie campagne scozzesi che per motivi economici ha dovuto chiuder
bottega vendendo tutto all’incanto.
Supponiamo che entrando in quella splendida casona
all’asta, abbia visitato tutte le camere ancora arredate e che mi fossi diciamo
invaghito di uno di questi ambienti, i cui nomi rimandano a differenti tipi di
albero.
Supponiamo che la targhetta di tale camera
indicasse ad esempio l’albero “noce” e che l’arredamento fosse perfettamente in
linea con i miei gusti.
Supponiamo che adesso quella targhetta sia stata
collocata all’esterno del mio faro e che sopra il letto del guardiano io abbia
posizionato uno strano lampadario a campana fatto di bambù intrecciato la cui
proiezione sui muri è esattamente quella di una ragnatela.
Disponendo dei dati sopraccitati, potremmo quindi
affermare: “Dormo in un noce e l’unica
fonte di illuminazione proietta la sua ragnatela su un grosso cilindro”.
Ciò detto, posso tranquillamente sostenere che a
nulla servono le traiettorie di queste arzigogolate peripezie mentali per
distogliere la mia mente dal fatto che oggi è una proverbiale, fottutissima giornata
nera.
Mi sono svegliato pensando ad avvenimenti oramai
passati e non più in grado di nuocermi, tuttavia estremamente nitidi e perfino
imbarazzanti. Fastidio del presente e di probabili giornate future.
Per risolvere casi come questo esistono diversi
rimedi a seconda della persona. Non ho voglia di prendere la mia barchetta e
correre dal molo numero due sino al mulino Kenn, distante circa 6 miglia più a
nord, costeggiando la strada ad alto scorrimento A933 dove, percorso il secondo
miglio, a causa di una strettoia rischio puntualmente la vita mentre ascolto
musica a un volume imbarazzante.
Escludo anche la lettura dell’ultimo libro di Seth
Godin regalatomi dal fabbricante e venditore di biciclette Chris nel suo store color arancione che gestisce con
passione da oltre 25 anni e presso il quale ho acquistato uno splendido modello
di mountain bike.
Escludo di scrivere qualcosa di intelligente o
emotivamente liberatorio, per cui non mi rimane che una sola scelta quasi
obbligata: prendere un raccoglitore stracolmo di francobolli classici, alcuni
cataloghi specializzati e concentrarmi solo ed esclusivamente sull’individuare
filigrana ove presente, dentellatura ove presente, eventuali varietà di stampa,
colori e, nel caso, anche identificazioni di tavole, griglie o altre
caratteristiche particolari. Tutte cose noiosissime e incomprensibili agli occhi
di un profano ma eccitanti oltre misura per quelle persone affette dalla
patologia del collezionismo.
Questa sindrome, diagnosticata già in tempi
antichi, non lascia scampo ai poveri malati. Una compulsiva forza ti spinge a
raccogliere i più disparati oggetti e provarne piacere ingiustificato. Sovente
ci si sveglia al mattino con la schiena a pezzi e con un senso angosciante di
vuoto che ti pervade; ed è del tutto inutile promettersi “domani smetto”.
Solo la preghiera o la meditazione profonda possono
spegnere per un po’ il tarlo del pensiero; come per ogni passione/ossessione
che si rispetti, l’unico modo rimastomi per salvare la mia dignità è proiettare
all’esterno la più accettabile immagine di guardiano del faro (per quanto
inusuale questo ruolo sia in realtà).
Prima d’iniziare a immergermi nel diciannovesimo
secolo e respirare profondamente entrando in sintonia con questi piccoli
documenti di carta intrisi dell’odore della storia, mi sovviene che avevo
promesso a un caro amico che vive in Italia di scrivere un biglietto per una
persona a lui cara in occasione del di lei cinquantesimo compleanno. Ho la
sfortuna di conoscere il festeggiato per cui mi limiterò a fare un favore al
mio ex collega committente.
Quando leggerete queste ipocrite righe, io sarò
già da ore immerso in un mondo che non ci appartiene più, carpendo piccoli
segreti geografici, storici e postali che voi umani non potete nemmeno
immaginare.
“Caro
Franco,
Quanta
acqua sotto i ponti? Sai che non son bravo con le parole e scrivere questo bigliettino
per me è un faticoso piacere. Penso che mi potrà capire di farlo ancora una
volta nella vita per i tuoi prossimi 50 anni, per cui tieni duro, mi dovrai sopportare
ancora un po’! Auguro a te e Linda e ai vostri splendidi ragazzi tutto il
meglio!
Firma”
E adesso, luce con 30 led accesa e puntata su quel
meraviglioso raccoglitore delle meraviglie con oltre 2000 francobolli antichi
dal 1849 al 1930, costatomi una fortuna due anni fa e mai aperto. L’emozione è
sempre la stessa, sono felice di avere questa malattia e non intendo
condividerla con nessuno. Se non a parole.
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