14 novembre 2012

Lettera numero se-i:
Scherza con il fuoco ma non scherzare col cuoco...
L’altroieri sera mi ha telefonato via Skype Francesco, un mio caro amico chef di cucina con il quale ho lavorato due anni. All’epoca eravamo due chef de partie di 25 anni con il mondo nelle mani. Diversi anni dopo ci eravamo chiamati reciprocamente per organizzare alcune serate slow food in varie province nelle quali lavoravamo. Le serate erano state tutte splendide e sempre finite a whisky o vino rosso.
Ho sempre avuto un grande rispetto di Francesco come cuoco anche se è totalmente diverso dal mio IO cuciniere. Lui: istintivo, geniale, improvvisatore perfetto, viveur, donnaiolo, faccia come il culo e simpatico. Io: NO, con aggiunta di “sfigato”.
Mi ha cercato per un’offerta di lavoro e quando gli ho detto che ero chiuso in un faro a undici miglia dalle coste scozzesi ha pensato lo stessi prendendo per i fondelli, e in effetti come dargli torto.
Ironia della sorte: tre sere prima William, noto ristoratore di Arbroath, mi ha chiamato per una serata gastronomica nel suo locale. L’idea era quella di avere uno chef italiano “special guest”, sperando che io fossi in grado di mettere su pranzo con cena.
Ho dato un’occhiata alla carta di questo bel ristorante che basa la sua cucina su carni e pesci locali,  qualche tradizionale zuppa scozzese, e ottimi dolci. Non farò pubblicità ma la parola “grill” nel nome del locale potrebbe essere fuorviante: siamo di fronte a un ristoratore vero con una solidità nel prodotto e nel servizio che gli fanno meritare di essere considerato uno dei migliori locali di tutta la zona.
Rivisitando al volo il suo menù in pochi minuti, ho deciso di proporre:
 antipasto di eglefino affumicato su insalatina di germogli, violette e cipolle rosse caramellate (1)
pacchero con salmone selvaggio, cozze locali, piselli secchi ed erbette selvatiche (2)
mince and tatties all’italiana  accompagnato da patata in crocchetta alla maggiorana (3)
Dundee cake con gelato al whisky e scagliette di fondente al 72% (4)
Ho tradito il faro ancora una volta, ma i trenta commensali invitati per l’evento erano a dir poco in visibilio. Ieri William mi ha offerto uno splendido tè alle 17 in punto per ringraziarmi per il lavoro (non retribuito perché fatto davvero con passione ed amicizia), e per offrirmi un posto presso il suo prestigioso locale come chef con carta bianca. Al mio rifiuto e al suo sbigottimento, la domanda è stata la stessa rivoltami dall’amico chef Francesco: «Perché cavolo hai smesso di fare il cuoco e ti sei chiuso in un convento a forma di faro?»
Bene! A loro ho detto solo che avevo bisogno di cambiare aria, stile anno sabbatico, ma adesso ho voglia di scrivere il vero motivo così da pagare il mio tributo d’inchiostro anche oggi.
1. Sono stanco di lavorare per persone che in corso d’opera decidono di ridurti lo stipendio colpevolizzando la crisi e poi comprano per il proprio compleanno una Porsche Boxster S o un diamante da 5,3 carati per la loro dolce metà che spesso allieta le nostre eterne giornate di cucina con idee davvero idiote quando non volutamente indisponenti.
2. Sono stufo di sentir parlare ai colloqui di qualità del cibo per poi dover stare su dei food cost da ospedale.
3. Sono già deluso alle 8:45 del mattino quando lavori per persone che pensano che il buongiorno che hai appena pronunciato sia una tradizione Swahili o aborigena ma comunque non italiana.
4. Sono  esterrefatto quando fai una stagione di 5 mesi tirati andando a lavorare con la febbre a 38 e 7 per un titolare razzista e sessista che ti rompe le palle tutto il tempo e dopo un anno scopri che non ti ha pagato i contributi e ha fatto fallire l’azienda sulla quale non puoi più rivalerti.
5. Sono stanco di dover essere contattato telefonicamente per lavorare chissà dove, dopo aver inviato CV, referenze e foto piatti, sentendomi chiedere come prima cosa: «Scusi, lei quanto prende?» Sarebbe forse meglio chiedessero quanto pensi di valere, poi prova pure e se quel che dici è vero e sposi il nostro progetto, sei dei nostri, figliolo!
6. Sono nauseato nel leggere annunci del tipo «Cerco chef finito max 25enne per importante lavoro a progetto», perché l’unico “progetto” che percepisco è quello di uno pseudo-ristoratore che vuol  sfruttare oltre misura un bravo ragazzo che per questioni anagrafiche difficilmente avrà l’esperienza per essere chef finito.
7. Sono stanco di perdere mesi della mia vita per ristoranti italiani all’estero che d’italiano non hanno nulla, per essere poi cacciato in malo modo dal giorno alla notte perché ho detto che il forno trivalente non aveva lo scarico per l’acqua e la cosa non è stata gradita dal general manager che l’ha vissuta come un modo di far vanto delle mie conoscenze tecniche allo scopo di umiliarla.
8. Sono inebetito quando inviando un curriculum il 99% delle aziende non ha previsto una risposta automatica del tipo: «Riceviamo moltissimi curricula per questa posizione e non siamo in grado materialmente di rispondere a tutti, per cui se fossimo interessati al suo profilo la contatteremo nel giro di una settimana. Cordialmente, XYZ».
Per pietà cristiana mi fermo qui e ringrazio il cielo se prima di scappare dal Bel Paese ho incrociato nel mio cammino delle ottime aziende di ristorazione: mosche bianche, naturalmente. Il mondo dei ristoranti e degli alberghi è abitato da una strana fauna, per cui anche nelle fila di chi ne fa parte si trovano esemplari a dir poco nocivi; ma questo mestiere è per chi lo ama. Per quelli che, come me, per tanti anni hanno dedicato gratuitamente pomeriggi o tarde serate a confezionare tortelloni, sperimentare decorazioni, saltando i pasti dopo 14 ore filate in piedi. Esiste una sola parola per questo ed è “passione”: per il cibo e per l’artigianato del bien vivre.
E piuttosto che vivere male la cucina, ho deciso di portarmi il suo ricordo in queste fredde acque e d’ora in poi cucinerò con amore solo con e per gli amici e sarò libero di dire: l’ho fatto come è giusto che io lo facessi, come mi ha detto il cuore, adesso siediti, mangia, e godi di questo cibo e di questa atmosfera che abbiamo costruito con grande fatica.
NOTA 1: l’eglefino è un pesce molto simile al merluzzo che viene pescato ed affumicato proprio in questa zona della Scozia. Il suo sapore forte ed intenso, si sposa perfettamente con il dolce della cipolla ed è alleggerito dall’insalatina di germogli.
NOTA 2: In questo caso la pasta trafilata a bronzo è in grado di assorbire molto condimento e l’insieme di sapori di mare e di campo fanno il resto.
NOTA 3: Uno dei piatti di carne più popolari è anche uno dei più semplici: mince and tatties, carne trita di manzo stufata, servita con purè di patate. Per questo piatto ho pensato di cuocere uno stracotto per poi sfilacciarlo e servirlo come variante della specialità scozzese. Ho sostituito il purè con delle crocchette di patate con una sorprendente maggiorana locale.
NOTA 4: La Dundee cake invece è una specialità più da colazione che da cena; tuttavia servita con un gelato al whisky ed un cioccolato di copertura molto amaro è assolutamente degnissima di essere consumata anche a cena

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