Lettera numero se-i:
Scherza con il fuoco ma non scherzare col cuoco...
L’altroieri
sera mi ha telefonato via Skype Francesco, un mio caro amico chef di cucina con
il quale ho lavorato due anni. All’epoca eravamo due chef de partie di
25 anni con il mondo nelle mani. Diversi anni dopo ci eravamo chiamati
reciprocamente per organizzare alcune serate slow food in varie province nelle
quali lavoravamo. Le serate erano state tutte splendide e sempre finite a
whisky o vino rosso.
Ho sempre
avuto un grande rispetto di Francesco come cuoco anche se è totalmente diverso
dal mio IO cuciniere. Lui: istintivo, geniale, improvvisatore perfetto, viveur,
donnaiolo, faccia come il culo e simpatico. Io: NO, con aggiunta di “sfigato”.
Mi ha
cercato per un’offerta di lavoro e quando gli ho detto che ero chiuso in un
faro a undici miglia dalle coste scozzesi ha pensato lo stessi prendendo per i
fondelli, e in effetti come dargli torto.
Ironia
della sorte: tre sere prima William, noto ristoratore di Arbroath, mi ha
chiamato per una serata gastronomica nel suo locale. L’idea era quella di avere
uno chef italiano “special guest”, sperando che io fossi in grado di mettere su
pranzo con cena.
Ho dato
un’occhiata alla carta di questo bel ristorante che basa la sua cucina su carni
e pesci locali, qualche tradizionale
zuppa scozzese, e ottimi dolci. Non farò pubblicità ma la parola “grill” nel
nome del locale potrebbe essere fuorviante: siamo di fronte a un ristoratore vero
con una solidità nel prodotto e nel servizio che gli fanno meritare di essere
considerato uno dei migliori locali di tutta la zona.
Rivisitando
al volo il suo menù in pochi minuti, ho deciso di proporre:
antipasto di eglefino affumicato su
insalatina di germogli, violette e cipolle rosse caramellate (1)
pacchero
con salmone selvaggio, cozze locali, piselli secchi ed erbette selvatiche (2)
mince
and tatties all’italiana accompagnato da
patata in crocchetta alla maggiorana (3)
Dundee
cake con gelato al whisky e scagliette di fondente al 72% (4)
Ho
tradito il faro ancora una volta, ma i trenta commensali invitati per l’evento
erano a dir poco in visibilio. Ieri William mi ha offerto uno splendido tè alle
17 in punto per ringraziarmi per il lavoro (non retribuito perché fatto davvero
con passione ed amicizia), e per offrirmi un posto presso il suo prestigioso
locale come chef con carta bianca. Al mio rifiuto e al suo sbigottimento, la
domanda è stata la stessa rivoltami dall’amico chef Francesco: «Perché
cavolo hai smesso di fare il cuoco e ti sei chiuso in un convento a forma di
faro?»
Bene! A
loro ho detto solo che avevo bisogno di cambiare aria, stile anno sabbatico, ma
adesso ho voglia di scrivere il vero motivo così da pagare il mio tributo
d’inchiostro anche oggi.
1. Sono
stanco di lavorare per persone che in corso d’opera decidono di ridurti lo
stipendio colpevolizzando la crisi e poi comprano per il proprio compleanno una
Porsche Boxster S o un diamante da 5,3 carati per la loro dolce metà che spesso
allieta le nostre eterne giornate di cucina con idee davvero idiote quando non
volutamente indisponenti.
2. Sono
stufo di sentir parlare ai colloqui di qualità del cibo per poi dover stare su
dei food cost da ospedale.
3. Sono
già deluso alle 8:45 del mattino quando lavori per persone che pensano che il
buongiorno che hai appena pronunciato sia una tradizione Swahili o aborigena ma
comunque non italiana.
4.
Sono esterrefatto quando fai una
stagione di 5 mesi tirati andando a lavorare con la febbre a 38 e 7 per un
titolare razzista e sessista che ti rompe le palle tutto il tempo e dopo un
anno scopri che non ti ha pagato i contributi e ha fatto fallire l’azienda
sulla quale non puoi più rivalerti.
5. Sono
stanco di dover essere contattato telefonicamente per lavorare chissà dove,
dopo aver inviato CV, referenze e foto piatti, sentendomi chiedere come prima
cosa: «Scusi, lei quanto prende?» Sarebbe forse meglio chiedessero
quanto pensi di valere, poi prova pure e se quel che dici è vero e sposi il
nostro progetto, sei dei nostri, figliolo!
6. Sono
nauseato nel leggere annunci del tipo «Cerco chef finito max 25enne per
importante lavoro a progetto», perché l’unico “progetto” che percepisco è
quello di uno pseudo-ristoratore che vuol
sfruttare oltre misura un bravo ragazzo che per questioni anagrafiche
difficilmente avrà l’esperienza per essere chef finito.
7. Sono
stanco di perdere mesi della mia vita per ristoranti italiani all’estero che
d’italiano non hanno nulla, per essere poi cacciato in malo modo dal giorno
alla notte perché ho detto che il forno trivalente non aveva lo scarico per
l’acqua e la cosa non è stata gradita dal general manager che l’ha vissuta come
un modo di far vanto delle mie conoscenze tecniche allo scopo di umiliarla.
8. Sono
inebetito quando inviando un curriculum il 99% delle aziende non ha previsto
una risposta automatica del tipo: «Riceviamo moltissimi curricula per questa
posizione e non siamo in grado materialmente di rispondere a tutti, per cui se
fossimo interessati al suo profilo la contatteremo nel giro di una settimana.
Cordialmente, XYZ».
Per pietà
cristiana mi fermo qui e ringrazio il cielo se prima di scappare dal Bel Paese
ho incrociato nel mio cammino delle ottime aziende di ristorazione: mosche
bianche, naturalmente. Il mondo dei ristoranti e degli alberghi è abitato da
una strana fauna, per cui anche nelle fila di chi ne fa parte si trovano
esemplari a dir poco nocivi; ma questo mestiere è per chi lo ama. Per quelli
che, come me, per tanti anni hanno dedicato gratuitamente pomeriggi o tarde
serate a confezionare tortelloni, sperimentare decorazioni, saltando i pasti
dopo 14 ore filate in piedi. Esiste una sola parola per questo ed è “passione”:
per il cibo e per l’artigianato del bien vivre.
E
piuttosto che vivere male la cucina, ho deciso di portarmi il suo ricordo in
queste fredde acque e d’ora in poi cucinerò con amore solo con e per gli amici
e sarò libero di dire: l’ho fatto come è giusto che io lo facessi, come mi ha
detto il cuore, adesso siediti, mangia, e godi di questo cibo e di questa
atmosfera che abbiamo costruito con grande fatica.
NOTA 1: l’eglefino
è un pesce molto simile al merluzzo che viene pescato ed affumicato proprio in
questa zona della Scozia. Il suo sapore forte ed intenso, si sposa
perfettamente con il dolce della cipolla ed è alleggerito dall’insalatina di
germogli.
NOTA 2: In questo
caso la pasta trafilata a bronzo è in grado di assorbire molto condimento e l’insieme
di sapori di mare e di campo fanno il resto.
NOTA 3: Uno dei piatti di carne più popolari
è anche uno dei più semplici: mince and tatties, carne trita di manzo
stufata, servita con purè di patate. Per questo piatto ho pensato di cuocere
uno stracotto per poi sfilacciarlo e servirlo come variante della specialità
scozzese. Ho sostituito il purè con delle crocchette di patate con una
sorprendente maggiorana locale.
NOTA 4: La Dundee cake invece è una specialità più da
colazione che da cena; tuttavia servita con un gelato al whisky ed un
cioccolato di copertura molto amaro è assolutamente degnissima di essere
consumata anche a cena
Come ti capisco :-)
RispondiEliminaPurtroppo servono queste delusioni ;)
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